La qualitá di un sito dedicato al passato, denso di documenti fotografici, si valuta dalla varietá delle chiavi di lettura che offre.
Succede che, nella superficiale azione del saltellare con il mouse da un´immagine ad un´altra, sfuggono gli autentici valori della ricerca storica, allora, un piccolo suggerimento su come affrontare la lettura può essere gradito e predisporre lo spirito ad entrare nel modo giusto nel sito, condotti per mano dal suo artefice che, nel ricercare e radunare le immagini, ha saputo rievocare un passato che assimila tante comunità rurali e lo ha rivissuto con la passione che si dedica agli affetti familiari.
Con la locuzione "Fotografie emigrate" invito il visitatore di queste pagine a riflettere su di un fenomeno strettamente legato al dramma sociale degli Emigranti che, tra la fine dell´Ottocento ed i primi decenni del novecento, potevano trarre conforto alla loro solitudine ed al dolore della lontananza solamente fantasticando sulle fotografie dei propri congiunti che, meglio delle lettere scritte, s´incaricavano di mantenerli legati all´intimitá domestica e di aggiornarli sugli eventi familiari.
Le immagini che osserverete, perciò, non sono soltanto la testimonianza di un costume d´epoca, di una pratica che consentiva anche alle famiglie del mondo contadino di raggiungere, attraverso la ritrattistica da salotto, lo "Status Symbol" delle famiglie borghesi; esse ci raccontano storie umane delicate e, insieme, intrise di struggente malinconia. All´origine dell´aspirazione collettiva a ritrarre le sembianze dei propri cari, vi era sempre la necessitá di mantenere i legami spirituali ed amorevoli con padri, sposi, figli, nipoti che un duro destino costringeva ad un lavoro lontano, soprattutto nei paesi d´oltre oceano.
Per far fronte a questa necessità, non più solo privata ma sociale, in quegli anni prosperava l´artigianato ambulante della fotografia. Nei più piccoli paesi, nei villaggi di montagna, nelle frazioni sperdute era programmato l´arrivo domenicale del fotografo, annunziato con congruo anticipo per dare tempo alle famiglie di procurarsi gli "abiti di scena" necessari a figurare bene. Il "set" era improvvisato, per lo più, nell´aia di casa o nella piazzetta del paese, secondo una consuetudine che imponeva, in ogni caso, un lenzuolo decorato in guisa di sfondo, un arredo in stile, una colonna, un supporto decoroso su cui poggiare il gomito e, così, rimanere eretti ed immobili per la durata della posa che, nei primi tempi, poteva prolungarsi per qualche secondo.
Spesso il cerimoniale dei matrimoni, delle prime comunioni, delle ricorrenze importanti era riprodotto, nell´area domestica, "in differita" secondo il calendario concordato con il fotografo, non importa se i piedi calzati di "nuovo", con le scarpe prese a prestito, poggiavano sull´erba o sull´acciottolato della corte anziché nel lucido pavimento della chiesa o del salotto buono, l´atmosfera ed il prestigio erano garantiti, la compostezza della posa testimoniava una rispettabilità ed un´eleganza degne delle più nobili famiglie borghesi e colui che, di là dall´oceano, riceveva l´icona delle amate sembianze si struggeva di nostalgia e non faceva certo caso all´ambientazione.
C´era chi, al ricevere l´immagine del gruppo familiare, cui non era congiunto ormai da anni, ambiva crearsi l´illusione di figurare nella stessa situazione ambientale, come se fosse stato presente al momento dello scatto, ed allora si recava, a sua volta, da un fotografo e lo obbligava ad una paziente elaborazione delle immagini, in modo che la propria figura, il proprio sembiante, fossero inseriti nella stessa fotografia, realizzando, almeno sulla carta, quel sogno del contatto fisico ed intimo, tanto propizio all´esercizio della nostalgia.
Nelle pagine che seguono, sono molti gli esempi di questa pratica così indicatrice dei sentimenti. Invito il visitatore a ricercarli, a calarsi nell´<Epos> di quei tempi, di quegli ambienti, di quella cultura.
La chiave di lettura delle "fotografie emigrate", da me scelta con piena convinzione, è una delle tante possibili. Altri potranno concentrarsi su immagini del costume locale di altro tipo, quali, ad esempio, la rappresentazione ricorrente dell´organetto a "ddu botte" che rievoca la "Salterella", i canti rurali, le sagre paesane, oppure l´iconografia dei "matrimoni del giovedì", celebrati, per i non abbienti, con abiti dimessi e, appunto, nel giorno infrasettimanale, ché la domenica avrebbe richiesto un cerimoniale troppo sontuoso. E mille altre sensazioni che soltanto le fotografie d´epoca possono evocare.
C´è da augurarsi che, a ripagare tanto impegno nella ricerca storicoiconografica, queste pagine del sito possano costituire fonte bibliografica per una di quelle pregevoli opere che raccontano la storia sociale della gente d´Abruzzo, seguendo il filone letterario di Ignazio Silone e di Francesco Jovine, i maestri massimi della cultura regionalista di questa terra.
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